3 falsi miti sul brand placement

Brand placement, product placement

Nella definizione di strategie di branding, capita che proponga ai miei clienti anche attività di brand placement. Non è raro però che qualcuno di loro mi esterni qualche perplessità. Infatti, non è chiaro cosa sia il brand placement attività di marketing meglio nota come product placement, e per questo motivo molti non considerano nemmeno questo canale. Preferendo rimanere sul sicuro, in questo modo limitano le proprie possibilità di investimento per aumentare la brand awareness.

Ho raccolto questi 3 falsi miti sul product placement, che sfaterò uno ad uno.

Cos’è il product placement

Prima però chiariamo cos’è: il product placementè un tipo di pubblicità indiretta che prevede l’inserimento di prodotti o marchi all’interno di film, telefilm, fumetti, libri, video musicali, in cambio di una sponsorizzazione. Questo inserimento, però, deve essere armonioso e “naturale” all’interno della narrazione, e non deve avere espliciti inviti all’acquisto.

I falsi miti del brand placement

Il brand placement o, più comunemente product placement, è pubblicità occulta

No, il brand placement non è pubblicità occulta!

La definizione “pubblicità occulta” ha una connotazione negativa, e indica un tipo di inserimento di prodotto non regolato da un accordo tra brand (committente) e produttore dell’opera.

Questa definizione si collega al fatto che in Italia esiste una normativa specifica che regola questa attività solamente dal 2004 (decreto Urbani), aggiornata nel 2010 secondo le direttive europee. Prima del 2004, in pratica, non esisteva una normativa chiara, e quindi questa era un’attività borderline.

Oggi le opere che fanno uso di brand placement si devono ora attenere a una serie di regole, tra cui:

  • non devono essere programmi per bambini o programmi di informazione;
  • non deve essere direttamente incoraggiato l’acquisto del prodotto;
  • gli spettatori devono essere esplicitamente informati dell’inserimento di prodotti con finalità pubblicitarie;
  • non possono essere inseriti prodotti a base di tabacco o medicinali che hanno bisogno di prescrizione medica.

Il brand placement è troppo costoso per la mia attività

No, il brand placement non è troppo costoso per la tua attività.

O meglio: come ogni tipo di attività pubblicitaria, va studiata una precisa strategia di brandingin linea con il tuo budget.

In altre parole: se hai una piccola azienda di scarpe, non riuscirai ad avere il tuo prodotto all’interno dell’ultimo blockbuster hollywoodiano. Però potresti puntare a serie tv italiane o produzioni ambientate nella tua regione, che magari abbiano la necessità e la volontà di valorizzare il territorio.

In fondo, il brand placement è una tipica attività win-win!

Il brand placement non serve a niente

Assolutamente falso.

Ti porto questo semplice esempio: il lago di Braies, in Alto Adige, oggi è una delle località turistiche più conosciute e frequentate di tutte le Dolomiti. Questa fama l’ha ricevuta grazie alla serie tv Un passo dal cielo, con Terence Hill prima e Daniele Liotti poi.

I falsi miti del brand placement
I falsi miti del brand placement

“Da quando è stata girata la fiction, il lago di Braies è diventata una delle mete più famose del turismo altoatesino, soprattutto d’estate. Nei weekend di luglio e agosto possono arrivare fino a 3.500 mezzi al giorno tra moto, auto e camper: la stima è che a vedere il lago in cui si specchia la maestosa Croda del Becco arrivino 600.000 persone l’anno,” riporta il quotidiano Alto Adige. L’investimento della provincia autonoma dev’essere stato considerevole, visto che si vocifera che alla Valle D’Aosta, location concorrente per la quinta serie, la produzione avesse chiesto un investimento di un milione di euro.

Hai mai considerato il brand placement tra le tue strategie di branding?

Quali sono i tuoi dubbi riguardo a questa attività pubblicitaria?

L'Autore

Antonella Colombo

Creativa, visionaria e incosciente! Mi occupo di comunicazione soprattutto visiva ma anche di strategia e project management. La mia formazione in pittura all'Accademia di Belle Arti di Brera mi ha lasciato competenze artistiche, l'amore per l'arte e le prime nozioni digitali. Mi ispiro da sempre a Sofonisba Anguissola, pittrice del Cinquecento.

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